Appunti utili per l'esame di Storia Moderna in cui si analizza il testo "Alle origini dell'età moderna". Vengono trattati i temi centrali della società, quali la famiglia, l'economia, la religione, cultura ecc. oltre ad affrotare temi più storiografici, i fatti storici e la costituzione dei governi.
Storia moderna
di Gherardo Fabretti
Appunti utili per l'esame di Storia Moderna in cui si analizza il testo "Alle origini
dell'età moderna". Vengono trattati i temi centrali della società, quali la famiglia,
l'economia, la religione, cultura ecc. oltre ad affrotare temi più storiografici, i
fatti storici e la costituzione dei governi.
Università: Università degli Studi di Catania
Facoltà: Lettere e Filosofia
Esame: Storia moderna
Docente: Gino Longhitano
Titolo del libro: Alle origini dell'età moderna
Autore del libro: Ernst Hinrichs
Editore: Laterza
Anno pubblicazione: 20051. La storia demografica del'età pre statistica
Tra le più importanti conquiste della scienza storica internazionale vanno annoverate le nuove conoscenze e
acquisizioni di storia demografica per l'età pre statistica. Dobbiamo alla demografia storica, che in Francia e
nei paesi anglosassoni è divenuta una disciplina specializzata e provvista di propri istituti, la scoperta di
nuove fonti grazie alle quali adesso disponiamo di dati quantificati, presenti senza lacune, per periodi di una
certa durata. Sulla base di ciò possiamo fare, per determinati periodi e determinate zone, alcune affermazioni
abbastanza attendibili.
Per quanto riguarda la popolazione, questi sforzi protostatistici si sono concentrati nel censimento dei fuochi
e, molto più tardi, nel censimento della popolazione. Dobbiamo alle evidenti necessità dello stato,
soprattutto fiscali e militari, i censimenti a vasto raggio, che non di rado comprendevano interi territori.
L'Italia era all'avanguardia in questo campo: Venezia, la Sicilia, più tardi Firenze e Milano, posseggono già
per l'alto medioevo, una ricca documentazione storico – demografica. Tali documenti ci danno un'immagine
abbastanza esatta della crescita e della flessione demografiche di numerose popolazioni per un lungo arco di
tempo. Per loro tramite, allo storico – demografo si dischiude una prospettiva molto interessante: quella
delle regolarità locali e temporali del movimento demografico, il cosiddetto destino collettivo degli uomini,
che si cela dietro tabelle e diagrammi.
Analizzando le curve demografiche che mostrano le fluttuazioni di lunga durata di alcune importanti
popolazioni europee tra 1100 e 1800 notiamo due fenomeni particolarmente vistosi, che pur non
appartenendo propriamente all'epoca che ci interessa, ne segnano i confini: la ripida discesa della metà del
1300 dovuta all'epidemia di peste nera del 1348, e il balzo che si registra egualmente in tutti i paesi europei
a partire dalla metà del 1700 e fino al 1800.
Cosa distingue dall'epoca precedente e dall'epoca successiva l'epoca moderna? La sua caratteristica
principale, con la vistosa eccezione della Germania dopo il 1650, è un andamento tranquillo, mancando sia
forti balzi sia forti picchiate. Da cosa dipende il fatto che le popolazioni europee, assottigliatesi dopo le
disastrose conseguenze della peste del 1348, mostrano un aumento così lento, sebbene le condizioni esterne,
passata l'epidemia, fossero loro favorevoli, specialmente anche per quanto riguarda la quota di terra
coltivabile? Per quale motivo il lungo secolo XVI (dal 1470 al 1620) fu seguito da una fase di stagnazione
così lunga? Quali furono i fattori dell'incremento che nel 1700 chiuse questa fase e le cui proporzioni non
avevano visto fin allora eguali? Non ci sono risposte esaurienti a ciò ma un decisivo passo avanti lo si è fatto
solo grazie alla nuova demografia storica.
Si è infatti aperta nel frattempo una nuova fonte non originariamente di natura demografica, che si è rivelata
in assoluto la più importante per analisi di età prestatistica: i registri parrocchiali. Essi contenevano dati
riguardanti i battesimi, i matrimoni e le morti e a utilizzarli per primi furono i genealogisti, arrivando poi i
demografi storici a sciogliere un bel po' di enigmi sino ad allora insoluti.
Già il famoso economista Thomas Malthus aveva trovato delle risposte a questi interrogativi. Dedito alla
conoscenza e alla formulazione di leggi di natura eternamente valide, questo seguace del diritto naturale le
cercò e le trovo anche nello sviluppo demografico. Secondo Malthus ogni popolazione ha la tendenza, in
base al suo istinto di procreazione, ad aumentare in progressione geometrica; le sue disponibilità alimentari,
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Storia moderna invece, solo in progressione aritmetica. Dato questo, una data popolazione dovrà necessariamente giungere,
col passare del tempo, ai limiti delle proprie risorse alimentari. Non bisogna però dimenticare – continua – i
checks repressivi, che distruggendo una parte della popolazione ristabiliscono l'equilibrio, a meno che non
siano già intervenuti precedentemente dei checks preventivi che impediscano la nascita della catastrofe.
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Storia moderna 2. Le teorie malthusiane sulla famiglia
Le teorie malthusiane sono contestate sino ad oggi ma su una cosa vide giusto: il cammino demografico è
fatto di regolarità, tra le quali quella di riuscire a regolare la propria crescita sulla base delle condizioni
ambientali.
È indubbio ormai che tra le popolazioni contadine in età moderna, ma anche nei ceti artigiani e cittadini,
esisteva una condizione ineludibile per la fondazione di una famiglia, e dunque per la procreazione
legittima: l'esistenza di un posto di lavoro che fornisse garanzie sufficienti di sussistenza per la futura
famiglia, ovvero un podere o una bottega artigiana. Tutto ci conferma la straordinaria efficacia di questa
regola, a cui solo le classi superiori nobili e borghesi potevano sottrarsi, o i contadini agiati che potevano
acquistare per i figli senza eredità un posto di lavoro. Chi non possedeva tali requisiti non era dotato del
presupposto necessario alla procreazione legittima, vale a dire coniugale. Nelle famiglie a diritto ereditario
solo il primogenito o l'ultimogenito aveva il diritto di mettere su famiglia alla morte del genitore, mentre gli
altri figli dovevano cercarsi da vivere fuori dall'azienda paterna; nelle famiglie a divisione reale c'era
certamente più margine di divisione ma fino ad un certo punto.
È chiaro come comunque l'Europa moderna conoscesse egualmente figli illegittimi, infanticidi, abbandono
di neonati e diverse pratiche di coito “senza conseguenze” come del resto forme rudimentali di
contraccezione meccanica ma le ricerche hanno dimostrato come si ricorresse a questi espedienti molto
meno frequentemente di quanto si potrebbe pensare. Dobbiamo dunque pensare che i giovani e le ragazze
dell'Europa preindustriale rimanevano per lunghi anni nubili dopo l'inizio dell'età feconda, sessualmente
ascetici o dediti a pratiche onanistiche. Il matrimonio tardivo era l'unico metodo efficace del sistema
demografico pre industriale per mantenere l'equilibrio tra parti nubili della popolazione e posti di lavoro
disponibili.
C'era un vero e proprio sistema di mappatura concreta, non astratti calcoli sulle potenzialità alimentari: tante
unità produttive concretamente esistenti in ciascuna regione tante condizioni giuridiche vincolanti.
Cosa significa esattamente matrimonio tardivo rispetto all'entrata nell'età feconda? La prole media di una
donna era di cinque figli. Se a ciò si aggiungono gli alti tassi di mortalità infantile in tutta l'età moderna, si
capisce perché non più di 3 – 4 figli arrivaserro alla soglia del 25esimo anno di età. Emerge un importante
dato storico – sociale: le popolazione europee rurali e urbane praticavano una pianificazione familiare su
larga scala con l'ausilio del matrimonio ritardato. Se è vero che, una volta sposata, la donna partoriva in
media un figlio ogni due anni, è altrettanto vero che questa fecondità particolarmente intensa era limitata dal
fatto che iniziava solo dopo che erano passati almeno sette o dieci anni dall'età puberale.
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Storia moderna 3. Il concetto di matrimonio tardivo
Dupaquier ha giustamente modificato l'espressione di matrimonio tardivo in celibato forzato temporaneo,
trattandosi non di un atto volontario ma dovuto a circostanze esterne. Per i giovani tutto ciò si trasformava in
un inferno, sia per la castità forzata sia per la frustrazione per la ricerca di un lavoro che non si trovava.
Non esisteva solo il matrimonio tardivo a regolare la popolazione. C'erano anche le grandi mortalità e in
particolare le crisi agricole e le carestie che seguivano un raccolto catastrofico, che ebbero riflessi decisivi
sulle popolazioni europee soprattutto tra il 1600 e il 1750. Il meccanismo era semplice e brutale: ogni 10, 15
o 20 anni in molte zone urbane e rurali d'Europa, a causa del gelo, delle piogge, della grandine, il raccolto
era catastrofico e i prezzi degli alimenti di base – le granaglie – aumentavano a dismisura. Fino alla fine del
1700 non esisteva un alimento come la patata, valida sostituta dei grani, così che questi ultimi erano
l'elemento alimentare dittatoriale di vasti strati della popolazione.
È dimostrato come nella società preindustriale erano soprattutto due i gruppi di età che venivano colpiti
dalla crisi demografica di vecchio tipo, così detta da Pierre Goubert perché legata alla crisi agraria di
vecchio tipo, dipesa da fattori climatico – economici e da epidemie: il gruppo neonati – bambini –
adolescenti da un lato e il gruppo delle persone anziane dall'altro.
Quando, alla metà del 1700. ebbe inizio in tutta Europa il processo di rapida crescita della popolazione,
questi sistemi di autoregolamentazione furono applicati ancora? Per lungo tempo si è cercato di spiegare
questa crescita come il risultato delle migliorate condizioni alimentari, igieniche e dell'assistenza sanitaria.
Grazie alle riforme dell'agricoltura, all'ampliamento della produzione e a un limitato aumento della
produttività, sarebbe stato dunque possibile nutrire un maggior numero di persone e ridurre i casi di
mortalità infantile.
Sono affermazioni che contengono parzialmente delle verità ma non sono sufficienti a spiegare totalmente il
fenomeno.
I progressi igienico – sanitari restarono, ad esempio, troppo modesti fino all'inizio del 1800 per aver potuto
pesare sensibilmente sulla crescita demografica iniziata già prima, verso il 1750. Quanto ai progressi
nell'agricoltura non c'è dubbio che nel 1700 furono immensi ma solo l'Inghilterra assunse un ruolo tale da
permetterle il ruolo di nazione della rivoluzione agraria. Gli studi del resto hanno dimostrato che ciò fu
conseguenza, e non causa, dello sviluppo demografico: gli investimenti venivano realizzati solo quando la
prospettiva di guadagno era concreta.
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Storia moderna 4. La famiglia e l'organizzazione del lavoro
L'idea che un sistema demografico preindustriale dotato di capacità autoregolative abbia governato il corso
della storia demografica nell'età moderna può risultare convincente solo ad un patto: che si sia in grado di
illustrarne meccanismi e funzionamenti. Ciò che governava il processo di riproduzione umana era piuttosto,
e non solo nelle campagne ma anche nei centri urbani, l'offerta di lavoro. L'effettiva possibilità di
occupazione conduceva normalmente alla fondazione di una famiglia: solo la famiglia era l'elemento
centrale e decisivo dello sviluppo demografico.
Sia nell'agricoltura sia nelle attività cittadine, durante l'era preindustriale, i posti di lavoro erano considerati
beni scarsi. Il loro numero non poteva essere accresciuto a piacere, e soprattutto non così rapidamente da
soddisfare in qualsiasi momento una domanda sempre crescente. La potenziale occupazione nell'agricoltura
era limitata dalla grande proprietà demaniale, del clero, della nobiltà, della borghesia e dei contadini agiati; a
tali limitazioni si aggiungeva poi il fatto che per la sussistenza di una famiglia contadina era necessario il
possesso di un minimo di terra. A restringere l'occupazione urbana provvedevano tanto la limitata domanda
di manufatti quanto il rigore delle corporazioni che ostacolavano l'apertura di nuove aziende.
Anche l'attività agricola e artigiana dipendeva dall'esistenza o meno di un nucleo familiare. In quest'epoca
preindustriale la famiglia non era soltanto l'istituzione essenziale della riproduzione biologica ma anche il
luogo centrale della produzione e dell'organizzazione del lavoro. La famiglia era il presupposto del lavoro,
poiché la maggior parte della gente lavorava laddove viveva e le professioni che allontanavano l'uomo dalla
casa erano eccezioni.
Cos'era dunque la famiglia nell'Europa pre – industriale e in cosa differiva dalla famiglia attuale? Essendo
luogo centrale della riproduzione, della produzione e dell'organizzazione del lavoro, essa è anzitutto
l'elemento strutturale centrale dell'ordinamento sociale e tale sarà sino alla fine del Settecento.
Noi siamo abituati a considerare la famiglia come un sistema di rapporti di parentela, ma non era così anche
allora, non essendo tali rapporti a decidere l'appartenenza o meno al nucleo famigliare. Era invece la sua
funzione nel quadro dell'organizzazione del lavoro. Ciò non significa naturalmente che non si riconoscessero
o si sottovalutassero i rapporti di parentela all'interno della casa e al suo esterno, né che il concetto di
parentela non avesse rilevanza.
L'erede ad esempio aveva una posizione privilegiata rispetto agli altri membri della comunità domestica, ivi
compresi fratelli e sorelle. Alcune regioni privilegiavano la successione ad erede unico, nell'interesse della
tutela della famiglia come unità di produzione non smembrabile, mentre altre basavano la successione sulla
divisione reale dei beni a ciascun figlio.Dobbiamo poi renderci conto della molteplicità di ruoli che la
famiglia – azienda incarnava. Anzitutto quello di capofamiglia. La sua importanza balza agli occhi già dal
sol fatto che il suo posto non poteva rimanere a lungo vacante. Diverso ma non meno importante era il ruolo
della padrona di casa, che è in parte legato all'allevamento e alla cura dei figli carnali; doveva anche
preoccuparsi del benessere di tutti i componenti della famiglia interessati al processo produttivo. Per quanto
riguarda i figli, due sono le loro caratteristiche principali: il fatto che tra loro veniva reclutato il futuro
capofamiglia e la loro utilizzazione come forza – lavoro.
Un gruppo particolare era costituito dagli usufruttuari di un vitalizio e innumerevoli sono le descrizioni
letterarie di quanto potesse essere gravoso per un giovane capofamiglia il mantenimento dei genitori o dei
suoceri. Precisi accordi contrattuali sulle prestazioni in denaro e in natura, sullo spazio abitativo e sui servizi
che dovevano essere loro corrisposti, costituivano il vitalizio
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Storia moderna 5. La teoria della famiglia "allargata"
Dobbiamo rigettare ampiamente la teoria di Le Play sulla grande famiglia: questa famiglia allargata di ampie
dimensioni non è mai stata dominante in alcuna regione o paese, non esistendo presupposti né demografici
né giuridico – economici – sociali. Nell'Europa preindustriale predominava invece la famiglia nucleare, che
pure era resa più ampia da lavoranti e coabitanti al confronto della quale le famiglie plurigenerazionali e le
forme familiari complesse, che riunivano più gruppi familiari, erano una minoranza, e non a caso.
Ciò non vuol dire che non esistessero delle eccezioni degne di nota, come quella nel sud della Francia, dove
sono variamente attestati soprattutto allargamenti orizzontali della famiglia nucleare, ad esempio la frerèche,
la convivenza permanente sotto uno stesso tetto delle famiglie di due o più fratelli che gestivano un'unica
proprietà condivisa, evidentemente per motivi fiscali.
Le relazioni affettive tra i membri della famiglia erano determinate dall'organizzazione del lavoro. Tanto più
che non erano solo i bambini e i servi a fornire forza – lavoro, ma anche, e in misura rilevante, la moglie del
contadino, la massaia. A prescindere dal lavoro domestico, quando era necessario essa prestava il suo aiuto
nella corte e nei campi, per cui di fronte al signore di casa essa stava nella condizione subordinata che le
assegnava la divisione del lavoro. Nel quadro della divisione dei ruoli la sorte più dura era la sua. Si alzava
al mattino verso le 5 e la sera, dopo le 23, era l'ultima ad andare a dormire; preparava i pasti per tutta la
famiglia e li serviva senza sedersi a tavola, mangiando quando gli altri avevano finto e stando dietro la sedia
del marito come una serva. È pur anche vero che il suo insostituibile ruolo ha portato negli anni ad una certa
autonomizzazione della sua posizione e certamente i conflitti di ruolo non erano così rari. Diversamente, i
bambini assumevano il loro ruolo di forza – lavoro già a sette, otto anni.
Il capofamiglia era il sovrano, colui che assegnava a ciascuno le sue mansioni e gli ordini da eseguire. Era
proprietario dei beni mobili e immobili, sceglieva la matrigna eventuale dei figli, decideva dei matrimoni
della prole e stabiliva le condizioni di vitalizio dei suoceri. Il modello monarchico del resto ha contribuito
non poco alla tutela e al consolidamento del potere patriarcale nelle società d'antico regime.
Quali fossero le condizioni di liberta e ristrettezza delle famiglie è presto detto: a prendere le mosse dalle
condizioni abitative, risulta chiaro che quanto più si scendeva nella scala sociale, tanto minor spazio
offrivano all'intimità familiare e alla libertà individuale.
C'erano, non ultimi, i problemi di alimentazione. Se nei tempi di carestia la morte era un rischio concreto,
nei periodi “normali” le cose non erano comunque rosee. Durante l'età moderna è avvenuto un generale
peggioramento della situazione alimentare, soprattutto nel senso della riduzione della varietà. Sappiamo
delle buone possibilità di guadagno dei salariati del 1400, che potevano scegliere tra una serie varia di cibi,
ma col crollo dei salari iniziato nel 1500, il modello di alimentazione carnea del tardo medioevo cedette il
posto ad una alimentazione ceralicola che ben presto generò fenomeni di carenza.
Riguardo ai matrimoni, se la simpatia e l'amore reciproci non costituivano certamente un ostacolo,
comunque non erano certo il fondamento delle unioni: il ruolo di protagonista spettava al freddo calcolo
genitoriale. I bambini illegittimi partivano, in caso di matrimoni, ancora più svantaggiati di oggi, rischiando
spesso l'orfanotrofio o l'ospizio dei poveri, vere e proprie forme efficaci di uccisione, per dirla come un
famoso storico. Poco sappiamo anche degli anni precedenti all'età da matrimonio, a partire dall'età
considerata matura sessualmente, i 15 anni. Dai 15 anni in poi, fino al matrimonio, la masturbazione, la
sodomia, la frequentazione dei bordelli, era così diffusa che la Chiesa si limitava ad ammonire verbalmente.
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Storia moderna 6. Domanda e offerta - L'economia nel 1500
Se domanda e offerta sono categorie della teoria economica estranee al linguaggio delle fonti storiche, è
anche vero che l'importanza dei meccanismi della domanda e dell'offerta, e dei prezzi, era già ben nota
allora. Del resto la vita quotidiana ne offriva esempi evidenti ad ogni buon osservatore. Se in tempi di crisi
agricola e di carestia i produttori tessili di città e campagne cadevano improvvisamente in miseria, il fatto
non rimaneva certo nascosto. Se poi in tali periodi di crisi le autorità cittadine acquistavano granaglie in
lontane regioni per alleviare le difficoltà della popolazione o immagazzinavano derrate per fare fronte a
tempi calamitosi, significava che la dinamica congiunturale era stata compresa.
Non è comunque necessario coinvolgere le crisi per trovare innumerevoli esempi del fatto che sempre più ci
si rendeva conto del rapporto tra domanda e offerta. Le zone produttrici preindustriali sia agricole sia
manifatturiere, ad esempio, non sono diventate tali solo perché dotate di premesse specifiche ma va messo
altresì in conto il crescente orientamento verso il mercato dei proprietari dei Ritterguter orientali.
Un altro esempio è quello relativo al lavoro a domicilio. Se ha preso piede in tante regioni montane
dell'Europa centrale e occidentale non è dipeso solo dalla povertà di un suolo che non permetteva una
competizione con quello delle grandi regioni ceralicole, ma anche dal fatto che la domanda di manodopera
era imponente, e dal fatto che gli imprenditori – mercanti indirizzavano tale manodopera nelle campagne per
sfuggire al controllo urbano delle corporazioni.
Ancora, l'esempio della viticoltura: il Bordeaux non sarebbe diventato il vino che tutti conosciamo senza il
porto omonimo, senza l'esportazione in Inghilterra e senza l'orientamento persistente verso il mercato di
generazioni di grandi proprietari fondiari produttori di vino.
Fatti questi esempi, occupiamoci di analizzare i meccanismi, partendo da quello della domanda. L'ampiezza
della D. era determinata in linea generale dalle dimensioni della popolazione: in relazione all'aumento della
popolazione, infatti, si sono registrati aumenti congiunturali della D. in particolare tra fine '500 e inizio '600,
con notevoli tensioni tra D. e O. che si sono espresse nell'aumento dei prezzi. Gli sviluppi inflattivi non
dicono tanto che l'offerta non tiene più la domanda ma il fatto che la domanda crescente non può essere
accolta da una pur crescente offerta. Chi possedeva grandi patrimoni o un buon reddito non aveva cosa
temere, ma patrimoni e redditi erano distribuiti in maniera estremamente diseguale. È pur vero che al pari
degli stati industriali attuali, anche le società preindustriali ricorrevano a procedimenti e meccanismi atti a
ridurre in qualche misura le vistose diseguaglianze nella distribuzione di patrimoni e redditi, anche se è
chiaro come tali provvedimenti mirassero al più ad assicurare la mera sussistenza della popolazione onde
evitare carestie, disordini e sommosse.
A differenza di oggi, un ruolo importante spettava ai trasferimenti spontanei di sostanze e redditi in forma di
opere pie ed elargizioni caritatevoli, che per il donatore equivalevano a manifestazioni di prestigio sociale.
Dietro ciò stava naturalmente il fatto che il ricavato delle imposte veniva impiegato in misura minima per
scopi caritativi e che solo una quota ridotta delle elargizioni veniva redistribuita ai poveri.
Con la questione delle tasse si abbandona la domanda privata e si passa alla domanda pubblica dello Stato.
Troviamo qui elementi che preludono allo stato moderno dato che l'allargamento della tassazione e i primi
accenni di una separazione tra amministrazione pubblica e amministrazione privata delle finanze si affaccia
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Storia moderna ora. Si è calcolato che entrassero nelle casse dello Stato una quota buona dell'8% tramite tassazione regolare,
cosa rilevante se si considera che per la teoria politica della società preindustriale le imposte erano
considerate misure di emergenza e non regolare finanziamento di imprese statali. Che domanda creava è
presto detto: riguardo il Regno di Napoli tra il 1591 e il 1592 sappiamo che il 55% andava via per spese di
esercito e marina, il 25% per interessi passivi, il 9% per ambascerie e spese segrete, lo 0,013% per
l'Università. Il caso è simile per altri paesi.
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Storia moderna 7. L'attività agricola del 1500
Una percentuale altissima di persone era occupata nell'agricoltura, sia perché la domanda principale si è
sempre concentrata sui beni alimentari, sia perché sino al 1700 inoltrato la produttività dell'agricoltura era
scarsa, dunque per sfamare due o tre bocche erano necessari sette, otto contadini. Non stupisce dunque che
la percentuale degli occupati in agricoltura andasse dal 65 al 90%. Il largo margine dimostra come la
percentuale variasse da regione a regione. Ad esempio Venezia e Paesi Bassi, dotati di importanti porti,
potevano comprare le granaglie da fuori risparmiando sulla manodopera agricola e indirizzando i lavoratori
verso altri settori.
Quanto alle professioni e occupazioni del resto della popolazione, non è possibile fornire dati generali anche
se i settori trainanti, dopo quello agricolo, erano generalmente quello della distribuzione degli alimenti e
quello del tessile e vestiario. La struttura della domanda della società preindustriale emerge anche qui, dato
che la produzione e la distribuzione dei beni fondamentali della vita quotidiana assorbe il 73% della
popolazione. Non si può del resto fare una mappatura esauriente per settori di occupazione perché spesso le
persone svolgevano più attivita adiacenti.
Oggi i documenti di cui disponiamo sono troppo scarsi per consentire una ripartizione completa della
popolazione europea in epoca preindustriale a seconda del suo contributo al fattore produttivo lavoro.
Siamo ben informati sulle scuole dei nobili ma poco sappiamo sulle possibilità di istruzione della massa.
Sappiamo che prevaleva una cultura prevalentemente orale per tutto il 1700 compreso, che ammetteva la
democraticizzazione del leggere ma vedeva nel sapere scrivere una pericolosa minaccia per la secolare
dominazione dell'oralità, e vedeva in chiesa, economia e stato, i tre agenti di alfabetizzazione, un pericoloso
nemico.
In merito al rapporto tra struttura della popolazione e fattore produttivo “lavoro”, è chiaro come il processo
lavorativo coinvolgesse solo una parte della popolazione, tra i 15 e i 65 anni, come oggi, anche se oggi è la
percentuale degli over 65 ad essere notevolmente più alta, mentre in epoca preindustriale erano gli under 15
il 90% della fascia dipendente: ciò vuol dire che il lavoro minorile era una forma diffusa già prima della
Rivoluzione Industriale.
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Storia moderna 8. L'industria del '1500
Per quanto riguarda il capitale, possiamo farci una idea adeguata della struttura e dell'importanza nell'Europa
preindustriale partendo dalla domanda. Gli storici dell'economia tendono a distinguere il sistema economico
preindustriale sulla base del capitale circolante, più alta rispetto a quello basato sul capitale industriale o di
produzione, sul capitale totale. Questo fatto si spiega con l'alta percentuale di domanda anelastica di beni
fondamentali di quotidiana necessità. Nell'epoca qui considerata non c'era praticamente regione che fosse in
grado, per lunghi periodi e in misura sufficiente di approvigionarsi per lunghi periodi con le proprie risorse.
Forti quantità di grano e di bestiame venivano trasportate anche a grandi distanze e sia i mercanti sia i
singoli consumatori tenevano immagazzinate ingenti scorte alimentari. Si va sviluppando una divisione del
lavoro tra le regioni che producevano grano e allevavano bestiame e le regioni che fornivano manufatti e si
forma un largo strato di mercanti e mediatori, gente che sceglie la via difficile e rischiosa, ma anche lucrosa,
dei traffici. Lo smercio attraverso i grandi porti del Baltico di granaglie provenienti dall'Europa orientale è
un esempio famoso tratto dal settore alimentare, che può valere per tutti.
Nell'età moderna anche il settore tessile e dell'abbigliamento, dipendeva interamente dal capitale circolante.
Nelle grandi regioni produttrici protoindustriali, infatti, la produzione non assumeva forme che avrebbero
richiesto forti partecipazioni di capitale fisso, non si svolgeva in manifatture o altre installazioni sul tipo
della fabbrica, ma era un'industria rurale domestica, inserita nel sistema del lavoro a domicilio, producendo
spesso e volentieri in posizione di totale dipendenza nei confronti del mercante imprenditore e dei suoi
intermediari.
Dovevano verificarsi innumerevoli condizioni perché la protoindustria legata al lavoro a domicilio si
affermasse in Europa. Una delle più importanti consisteva negli imponderabili approvigionamenti del settore
alimentare, sul quale incombeva ricorrente il rischio delle crisi agrarie e delle carestie. Nelle città, d'altro
canto, la politica antiespansionista delle corporazioni, mirante a mantenere un buon livello di reddito per i
suoi membri, bloccava la possibilità di produrre capi di vestiario a prezzi convenienti e di soddisfare con ciò
una domanda di massa. Si apriva così la strada della produzione in campagna.
Tracciato il quadro del capitale circolante, anche se abbiamo parlato del predominio di quest'ultimo, non
vuol dire naturalmente che mancasse un capitale di produzione, di investimento. In agricoltura, secondo i
riformatori del Settecento, c'era grande necessità di capitale fisso, a fronte di una realtà concreta dove gli
investimenti erano limitatissimi, a causa del costo proibitivo dei materiali e delle attrezzature. Fu così che
nel Settecento la maggior parte dei riformatori agrari si preoccupò della distribuzione di capitale
nell'agricoltura: aumentare la produttività estendendo gli investimenti di capitale fisso, questa era la parola
d'ordine, quello che diventò ben presto il capitalismo agrario del Settecento, passo immediatamente
precedente alla Rivoluzione industriale.
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Storia moderna 9. L'importanza delle risorse naturali (1500)
Concludiamo il discorso parlando delle risorse naturali. Nei periodi di rapida crescita demografica (primo
'400, fine '500, metà del '700) emergeva un altro limite strutturale delle economie preindustriali: il capitale
non riproducibile, vale a dire le risorse naturali. Nell'Europa preindustriale la risorsa naturale per eccellenza
era chiaramente la terra, una risorsa sul cui sfruttamento influivano in modo particolare gli incrementi e i
cali demografici, e la ineguale distribuzione dei patrimoni e dei redditi.
A seconda dei periodi si verificavano due casi: in periodi di improvvisa diminuzione della popolazione, la
disponibilità di terra non coltivata e abbandonata, aumentava; in periodi di boom di crescita si avanzava
dovunque si potesse arrivare, bonificando paludi, dissodando boschi e coltivando terreni incolti.
Il nodo cruciale era costituito dal fatto che i terreni migliori non erano praticamente mai abbandonati ed
erano appannaggio dei più ricchi; chi non poteva permettersi tali terreni, doveva ripiegare su quelli
marginali, difficili da lavorare e a prezzo di alti investimenti, destinati poi ad essere abbandonati alla prima
congiuntura sfavorevole. In teoria la disponibilità di terra per gli occupati nel settore agricolo era più che
sufficiente; in pratica la scarsa produttività agricola, i rapporti signorili e di proprietà, le congiunture agrarie,
gli alti costi, rendevano il quadro parecchio fosco.
Seguiva come risorsa il bosco, ma anche qui, lo sfruttamento dissennato rendeva questa risorsa,
teoricamente riproducibile, praticamete non riproducibile.
Gherardo Fabretti Sezione Appunti
Storia moderna 10. Il concetto sociologico di classe
Lo storico che riflette sulla composizione della società medievale e moderna deve fare i conti con la
difficoltà di trovare concetti e categorie adeguate. Una grossa difficoltà, nell'analisi dell'ordinamento sociale
preindustriale, sta nell'utilizzo del concetto sociologico di classe, e della sua distinzione rispetto a quello di
ceto.
Consideriamo ceto lo stato di un individuo, ciò per cui esso viene distinto da altri, e, considerando questa
distinzione, è anche ciò per cui non tutti possono godere dei medesimi diritti, bensì uno degli uni e altri di
altri. In altre parole, secondo Max Weber, il ceto è il rango dell'individuo e dello strato al quale egli
appartiene e soprattutto lo stile di vita, la stima e la dignità che la società riserva a seconda della sua
posizione. La classe è l'avere, il ceto l'essere.
Consideriamo classe come concetto che fonda invece le sue differenze tra gli strati sociali,
ESCLUSIVAMENTE sulle differenze di proprietà e di patrimonio. Il concetto poi si evolverà con Marx per
identificare nella classe una concreta unità socio – economica con alta identità di interesse, omogeneità di
esperienze e di possibilità di vita, comunanza di mete d'azione. Questa seconda definizione di classe è
applicabile solo dopo il 1750 nelle società più progredite, come Olanda e Inghilterra.
In epoca preindustriale, invece, non vi è tracca del concetto di classe per come noi lo intendiamo: fino al
Settecento, dagli scritti, risulta che a dare impronta alla realtà sociale erano i ceti, dove non entrava in gioco
solo l'aspetto economico ma anche quello della stima e del rispetto, della dignità. Al contrario delle società
classiste sviluppatesi tra 1800 e 1900, le società preindustriali erano caratterizzati da un complesso status
system che tracciava tra le persone dei confini ben precisi, riservando ad alcuni un rango elevato e relegando
altri tra i margini inferiori. In linea di principio questo status coinvolgeva tutta la popolazione, mendicanti e
vagabondi compresi. Solo poche frange ne erano escluse, come zingari e attori, che rifiutavano la fissa
dimora e l'incasellamento.
Gherardo Fabretti Sezione Appunti
Storia moderna